martedì 3 novembre 2015


                           PRESENTE FUTURO

                   SENECA AFFERMAVA

       "IL TEMPO DELL'OCCIDENTE E' LA SCOMMESSA DEL FUTURO". PENSIAMO SEMPRE A QUALE SIA LA VITA, NON A QUANTO SIA LUNGA. VIVIAMO SENZA INDUGI!!

 

 

Il mondo occidentale attraversa una grave crisi economica, dietro la quale si affaccia però una crisi politica, culturale e identitaria ancora più preoccupante. In crisi sono pressoché tutte le coordinate culturali di fondo: il tempo, lo spazio, il linguaggio..  propone un primo ciclo di articoli dedicati alle coordinate spazio-temporali. Il primo appuntamento è rivolto all'importanza della riflessione sul tempo presso gli antichi.

“È classico ciò che tende a relegare l’attualità a rango di rumore di fondo, ma nello stesso tempo di questo rumore di fondo non può fare a meno. È classico ciò che persiste come rumore di fondo anche là dove l’attualità più incompatibile fa da padrona”.Conciliazione, o meglio ispirazione, poiché nei classici è possibile ritrovare le radici più profonde del nostro pensiero, la traccia primigenia e indelebile di sentimenti, parole, versi, teorie.
Il “tempo” come concetto filosofico e scientifico era stato naturale oggetto di indagine sin dai tempi più remoti. Seneca Filosofo scrisse pagine sul tempo più significative, incisive e vicine, per sensibilità, alle complesse “discronie” del mondo moderno. Se scontata è l'identificazione dell'uomo contemporaneo, fagocitato dalla frenesia e dalla rapinosità di un tempo mai sufficiente, con gli stolti occupati, gli “affaccendati” in fuga da sé stessi,  “un po' del tuo tempo, prendilo anche per te”. Monito che – questa è la grandezza del filosofo – più che mai si adatta all'“alienazione” del tempo presente.

Le parole che Seneca rivolge al discepolo e amico Lucilio, nella prima lettera del celebre epistolario, rappresentano un’incisiva sintesi della riflessione senecana operata sul concetto tradizionale di tempo: per cui sta all’uomo la possibilità di forgiare e di definire contorni, spessore e materia della propria realtà temporale.

La riflessione razionale sul tempo era stata ampiamente affrontata dalla filosofia greca: da Parmenide fino ad Aristotele, l’indagine era stata rivolta all’esamina della natura ontologica del tempo, tentando definizioni che ne individuassero soprattutto le caratteristiche di immutabilità ed eternità.
Allo Stoicismo va il merito di aver interpretato in chiave “dinamica” questo aspetto pregnante di eternità, per cui è nel tempo che tutte le cose si muovono, si manifestano ed esistono. E l'unica dimensione temporale con cui l'uomo ha la possibilità di confrontarsi è naturalmente il presente: “esiste davvero solo tempo presente; il passato e il futuro ci sono, ma non sussistono”, riportando l'insegnamento dello Stoico Crisippo. Lo studioso Alberto Grilli aveva formulato, per quanto riguarda la prospettiva stoica sul tempo, la definizione di “concezione etica, quale coefficiente o determinante del fattore di felicità nell'uomo”, ponendo l'accento sull'aspetto morale evidenziato dallo Stoicismo, per cui è importante il “valore” del tempo, l'impiego che se ne fa.

Per cui si viene a creare una vera e propria dicotomia tra il giustoimpiego del tempo, corrispondente all'esserne padroni, al vivere, e il semplice esse, cioè “esistere”: “non ha vissuto a lungo, ma è esistito a lungo”, si afferma perentoriamente nel De Brevitate vitae, nei confronti di chi semplicemente mostra i segni esteriori della vecchiaia, ma non le tracce di un progresso nel percorso “qualitativo” verso la virtù.

Ancora, nelle Epistole, la voce ammonitoria del filosofo rivolge a Lucilio l'augurio a comprendere quanto prima come il recte vivere non abbia nulla a che fare con lo sterile consumarsi del tempo: “oh quando vedrai quel giorno in cui ti renderai conto che il tempo non ti riguarda!”
La letteratura latina già ci aveva consegnato il celeberrimo motto oraziano del carpe diem, per cui si esortava a godere del presente, a carpire la fugace felicità che vi si può trovare, non dipendendo dalle opprimenti ombre del futuro.: “vivi senza indugio”, che racchiude però una riflessione più complessa, poiché dispiega l'intenzione di un atteggiamento che non si limita a godere dei piaceri momentanei, ma si impone di vivere in una condizione quasi “atemporale” e assoluta, slegata dall'attesa del futuro, e non dipendente dal passato.
Accanto a questa condizione “acronica” del tempo, Seneca ne aggiunge anche una spaziale, “puntualizzando”, cioè definendo la dimensione di “punto” del presente-istante, nello spazio e nell'eternità stessa: “è un punto quello che viviamo, e ancor meno di un punto”.
Ma se costante è l'ammonimento a vivere questa dimensione di “indipendenza temporale” dettata e segnata dal vivere con saggezza, pure frequentemente affiora inquieto il pensiero martellante dello scorrere del tempo, esemplificato magistralmente dalla metafora della corrente rapinosa del fiume.
Questa percezione dell'instabile precarietà delle cose, labile e minacciosa, è tanto più vicina a noi moderni, in quanto trova una ragione umana e concreta nella controversa esperienza biografica senecana,
Ecco quindi che l'esortazione del filosofo è tanto più significativa in quanto proveniente da chi ha sperimentato in prima persona la dolorosa provvisorietà del tutto, quindi il giusto atteggiamento necessario a trasformare il tempus in vivere.
“La vita, se la sai usare, è lunga”, si afferma ancora nel De Brevitate vitae, opera che, più di ogni altra dedicata al tema del tempo, muove dal paradosso stoico che solo il saggio vive più a lungo, mentre allo stolto è riservata una vita ben più breve. “Pensa sempre a quale sia la vita, non a quanto sia lunga”, si afferma ancora: il suo polo veramente positivo, ciò che lo associa alla dignità del vivere, è rappresentato dal conseguimento di una saggezza che per Seneca coincide con il passaggio dalla politica alla vita contemplativa.
E. M

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