lunedì 25 aprile 2016

GENOCIDIO ARMENO







     ARMENIA SOGNA

    IL SUO "MIRACOLO"

 

      UNA GIUSTIZIA

            NEGATA



                         IL SIGNIFICATO POLOTICO E RELIGIOSO DEL 24 APRILE, CHE GIA' DAL 2015 CON L'INCONTRO DEI TRE PRINCIPALI LEADER SPIRITUALI DELLE CHIESE ARMENE, HA LENITO IL GRANDE DOLORE  DI UN POPOLO, PARAGONABILE AD UN MIRACOLO!

NON DIMENTICHIAMO LE PAROLE PRONUNCIATE DA PAPA FRANCESCO SUL GENOCIDIO ARMENO CHE HANNO RAGGIUNTO  LO YEREVAN IN PREDA ALL'ENTUSIASMO. QUELLO CHE NON SI PUO' DIRE DEGLI ALTRI POLITICI CHE HANNO RISERVATO FREDDEZZA E TENUTO UN BASSO PROFILO.


LA STORIA

Nel periodo precedente alla prima guerra mondiale, nell'impero ottomano si era affermato il governo dei «Giovani Turchi». Essi temevano che gli armeni potessero allearsi con i russi, di cui erano nemici.

Il 1909 registrò uno sterminio di almeno 30.000 persone nella regione della Cilicia.

Il genocidio vero e proprio fu scatenato nel 1915. Un elemento determinante fu la proclamazione del jihad da parte del sultano-califfo Maometto V il 14 novembre 1914. Nel 1915 alcuni battaglioni armeni dell'esercito russo cominciarono a reclutare fra le loro file armeni che prima avevano militato nell'esercito ottomano. Intanto, l'esercito francese finanziava e armava a sua volta gli armeni, incitandoli alla rivolta contro il nascente potere repubblicano. Nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1915 vennero eseguiti i primi arresti tra l'élite armena di Costantinopoli. L'operazione continuò l'indomani e nei giorni seguenti. In un solo mese, più di mille intellettuali armeni, tra cui giornalisti, scrittori, poeti e perfino delegati al parlamento furono deportati verso l'interno dell'Anatolia e massacrati lungo la strada. Friedrich Bronsart von Schellendorf, il Maggiore Generale dell'Impero Ottomano, viene dipinto come "l'iniziatore del regime delle deportazioni armene".

Arresti e deportazioni furono compiuti in massima parte dai «Giovani Turchi». Nelle marce della morte, che coinvolsero 1.200.000 persone, centinaia di migliaia morirono per fame, malattia o sfinimento. Queste marce furono organizzate con la supervisione di ufficiali dell'esercito tedesco in collegamento con l'esercito turco, secondo le alleanze ancora valide tra Germania e Impero Ottomano (e oggi con la Turchia) e si possono considerare come "prova generale" ante litteram delle più note marce della morte perpetrate dai nazisti ai danni dei deportati nei propri lager durante la seconda guerra mondiale. Altre centinaia di migliaia furono massacrate dalla milizia curda e dall'esercito turco. Le fotografie di Armin T. Wegner sono la testimonianza di quei fatti.

Malgrado le controversie storico-politiche, un ampio ventaglio di analisti concorda nel qualificare questo accadimento come il primo genocidio moderno, e soprattutto molte fonti occidentali enfatizzano la "scientifica" programmazione delle esecuzioni. Secondo lo studioso tedesco Michael Hesemann, si dovrebbe più compiutamente parlare di genocidio cristiano, così scrive nel suo libro Völkermord an den Armeniern (Herbig Verlag), pubblicato nel 2012.




Armeni impiccati ad Aleppo nel 1915

 

La maggior parte degli storici tende a considerare le motivazioni addotte dai Giovani Turchi come propaganda, e a sottolinearne il progetto politico mirante alla creazione in Anatolia di uno stato turco etnicamente omogeneo. Altri studiosi, sostenendo l'inesistenza di un progetto di genocidio, richiamano l'attenzione sul fatto che non tutti i numerosi armeni d'Istanbul furono coinvolti nel massacro e che non fu approntato un piano sistematico di eliminazione paragonabile a quello messo in pratica dai nazisti contro gli ebrei durante la Seconda guerra mondiale. Questa la tesi sostenuta, tra gli altri, da Guenter Lewy. A questo proposito lo studioso armeno Boghos Levon Zekiyan spiega che la persecuzione degli armeni di Istanbul fu solo il punto di partenza delle milizie turche, destinato a colpire esclusivamente gli intellettuali, le menti pensanti: l'obiettivo della deportazione riguardava non tanto gli Armeni in quanto componente etnica, ma piuttosto gli Armeni come componente territoriale dell'Anatolia, nel quadro del progetto detto della Grande Turchia (o del panturchismo). Boghos Levon Zekiyan sottolinea che "gli armeni residenti nella capitale erano estranei alla legge di deportazione, ovviamente per un riguardo alle missioni diplomatiche straniere" mentre in Anatolia "un'operazione così ampia era facilitata nell'esecuzione dallo stato di guerra in cui si trovava impegnata tutta l'Europa".

Il governo turco rifiuta di riconoscere il genocidio ai danni degli armeni ed è questa una delle cause di tensione tra Unione europea e Turchia e anche con la Santa Sede. Una legge francese punisce con il carcere la negazione del genocidio armeno. Per converso, già da tempo la magistratura turca punisce con l'arresto e la reclusione fino a tre anni il nominare in pubblico l'esistenza del genocidio degli armeni in quanto gesto anti-patriottico. In tale denuncia, poi ritirata, è incappato lo scrittore turco Orhan Pamuk, a seguito di un'intervista a un giornale svizzero in cui accennava al fenomeno.

Lo storico turco Taner Akçam, il primo a parlare apertamente di genocidio, fu arrestato nel 1976 e condannato a dieci anni di reclusione per i suoi scritti; l'anno successivo riuscì a fuggire e a rifugiarsi in Germania; lavora negli Stati Uniti, presso lo Strassler Family Center for Holocaust and Genocide Studies della Clark University, dopo essere stato Visiting Associate Professor of History alla University of Minnesota.

            

 

Il 12 aprile 2015 papa Francesco riferendosi agli avvenimenti ha parlato esplicitamente di genocidio, citando una dichiarazione del 2001 di papa Giovanni Paolo II e del patriarca armeno, in occasione della messa di commemorazione del centenario in San Pietro, dichiarando che quello armeno «generalmente viene definito come il primo genocidio del XX secolo». Il papa ha denunciato il genocidio come una delle tante persecuzioni ai danni di cristiani che "vengono pubblicamente e atrocemente uccisi - decapitati, crocifissi, bruciati vivi -, oppure costretti ad abbandonare la loro terra". In risposta, il governo turco ha immediatamente convocato il nunzio apostolico ad Ankara e ritirato l'ambasciatore presso la Santa Sede in segno di protesta. Per analoghi motivi, nello specifico una mozione del parlamento austriaco che riconosce il genocidio, è stato richiamato anche l'ambasciatore turco a Vienna.

La dichiarazione ha anche suscitato una forte reazione del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan che il 14 aprile 2015 ha ammonito Papa Francesco affermando che «quando i politici e i religiosi si fanno carico del lavoro degli storici non dicono delle verità, ma delle stupidaggini». Anche il presidente statunitense Barack Obama «ha più volte riconosciuto come un fatto storico che 1,5 mln di armeni furono massacrati negli ultimi giorni dell'impero ottomano e che un pieno, franco e giusto riconoscimento dei fatti è nell'interesse di tutti».Il 22 aprile anche la cancelliera tedesca Merkel ha usato per la prima volta il termine genocidio.



 

1915-1919. Donna armena inginocchiata accanto al corpo d'una bambina morta nei campi, "in vista dell'aiuto e della sicurezza ad Aleppo"

Nessun commento: