Ci siamo sempre domandati qual è il sentimento che fa pedalare il mondo del
volontariato, persone verso l'altro sconosciuto, indifferentemente dalla fede
che ognuno professa e dagli errori che mordono le carni e rendono velati gli
occhi.
Essere parte di
questo volontariato sta a significare il buon sentimento cristiano che non
conosce nemici, disconoscendo qualunque prigione dell'indifferenza. Molti
gruppi e associazioni operano su fronti perennemente avversi, in terre di
nessuno, dove il modo migliore per risolvere un problema è ignorarlo. Fare il
volontariato vuol dire sottoscrivere un confronto che non viene mai meno e che
diventa portatore d’idee nuove. Sinonimo di quel miglioramento che è possibile
attraverso gli obiettivi comuni, quando sono chiari, e l'agire comune è
conseguenza delle competenze e dei ruoli definiti.
Un volontario deve
essere forte, interlocutore credibile e di non accontentarsi di supplire vuoti istituzionali,
in quanto è consapevole di essere custode di un'attenzione sensibile, non
accudente-assistenzialistica, ma portatrice di energia sufficiente a spostare
le assi del coordinamento sociale.
Proprio questa
solidarietà costruttiva permette di dare voce alle tante angosce e disperazioni
nelle tante afflizioni.
In questo malessere
il volontariato occupa gli spazi del dolore cambiandone la storia, dove ogni
uomo è persona in quanto simile all'altro, persino quando ha dimenticato la
pietà per lunghi periodi.
Enrica Malatesta
Enrica Malatesta
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