giovedì 15 novembre 2012

FINE PENA.......


Inutile celare, la prigione non riesce a piegarsi a nessun scopo sociale condivisibile e stabilire quando  i bisogni-desideri debbono essere soddisfatti e realizzati. E' in questa dinamica che la mente finisce in un anfratto remoto dove non è più possibile vedere nulla. Fino a quando non si comprenderà che in carcere si va per scontare una pena, non per essere privati di quella poca dignità rimasta, ed essere rinseriti nel tessuto sociale, tutto sarà vano. Solo quando si potrà si parlare dell'efficacia dell'applicazione della pena nelle carceri, allora potremmo dire di aver raggiunto lo scopo prefisso.

Purtroppo il carcere continua a rimanere un luogo autorizzato a non far nascere speranza, e l'uomo privato di questo è un uomo già morto. Momento  dopo momento, giorno dopo giorno, anno dopo anno è in compagnia del suo passato che ricompone la sua trama. Presente e futuro sono lì, si riconoscono i propri errori e l'impresa diventa ardua. Per rendere più umano l'inumano occorre convincersi dal di dentro della possibilità di raggiungere dei traguardi e degli obbiettivi per ritornare a volersi un po di bene,  riuscire a essere persone e non numeri usati per la statistica. Il carcere purtroppo è antico e ferruginoso, ma chi vive in quest'agglomerato umano ha il diritto-dovere di ritrovare fiducia in se stesso e negli altri,  ci riuscirà solamente comprendendo che l'incontro con l'altro  può essere la salvezza. Il pensare di sopravvivere senza l'aiuto dell'altro, nel lungo tempo, determinerà la chiusura con il mondo circostante e porterà all'inasprimento dell'animo con tutto ciò che ne consegue. Ciò che diventeranno sarà quello che si sono incisi nella mente, ossia l'immagine di loro stessi costruita con un fatto concreto..

Si ha l'idea che finché il carcere, meglio dire tutto il consorzio sociale, non si attiverà consapevolmente con il suo interessamento produttivo a predisporsi all'aiuto di chi è nell'errore, continuerà a seppellire quei "dettagli" essenziali, non contribuirà mai al benessere della società che attende per il miglioramento del suo status.
Per il missionario Carlo Carretto della congregazione cattolica Piccoli Fratelli del vangelo "... la parola del cuore è sempre il retaggio di una preghiera forte e autentica".

                                                                                                              Enrica Malatesta

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