martedì 16 novembre 2010

MONTE ATHOS

UN PARADISO DAL COSTO POCO

“MONTE ATHOS“
TRIDENTE DI NETTUNO NELL'EGEO
REPUBBLICA DEI MONACI




Nei frequenti viaggi a Rodi ed alle altre isole dell'Egeo, passando talune volte dal PIREO a SMIRNE avvistando l'ATTICA e l'EUBEA e tutte le altre terre, la mente si è affollata di ricordi omerici ed ellenici, classici e moderni nei discorsi di bordo. I più interessanti quelli che trattavano della CALCIDICA e le sue tre isolette - CASSANDRA, LONGOS e MONTESANTO – che tutte insieme sulle carte nautiche sembrano rappresentare il tridente di Nettuno fisso nell'Egeo.
Non bisogna dimenticare, che in quel mare , tutto prende vita dagli dei e dal mito; così lo stesso MONTESANTO ( MONTE ATHOS ) non è che il masso lanciato da Polifemo contro Ulisse .
Il Monte, visibile a grande distanza, è alto nientemeno mille e novecentotrentacinque metri ne inferiamo che Polifemo era davvero un colosso e che Ulisse il ramingo doveva essere anch'esso (come Achille) alquanto più veloce per sfuggire lo schiacciamento di una simile mole e farsi fuori di tiro .
Per una giornalista e raccoglitrice di curiosità, infinite ed appetitose sono state le notizie sul MONTE ATHOS ed i suoi abitanti, e sull'irresistibile penisoletta interamente monacale (con tutte le le difficoltà che comporta per la specifica di essere donna ).
Si narra la storia di una donna riuscita ad introdursi sotto vesti maschili in una delle certose di clausura. Il priore giocarellando con degli aranci ne gettò uno al visitatore sospetto.
Costui, invece di stringere le ginocchia, come avrebbe fatto un vero uomo, istintivamente allargò le gambe come fanno le donne per raccogliere in grembo qualche cosa che venga a loro lanciata: l'intrusa aveva dimenticato di non portare quel giorno la gonna, e ciò le valse una vergognosa espulsione dalla Certosa.
Qualche cosa di simile, o di peggio, è toccato ad una giornalista americana che si introdusse travestita da uomo (con abiti monacali) per introdursi tra i monaci del MONTE ATHOS.
Occorre sapere che la regola del Monte non ammette femmine, nemmeno fra gli animali domestici.
Ma la stessa regola non va più tanto per il sottile quando si tratta di gatti, indispensabili per contenere entro i limiti tollerabili la moltiplicazione dei topi distruttori di suppellettili: tollerate sono anche galline, senza le quali i monaci non avrebbero le uova, necessarie ai vecchi, ed in modo particolare per le cerimonie pasquali.
L'avventura della giornalista americana, che per un paio di giorni vagabondò tra i conventi, venne sospettata, identificato il suo sesso ed espulsa per intervento militare, con grande confusione e scorno; ha reso buona pubblicità al Monte attizzando il desiderio in molti di vedere da vicino dei misogeni tanto intransigenti.
Come arrivarci? Il viaggio della sottoscritta, lungo, incomodo ed un po' pericoloso (di essere chiamata ospite indesiderabile) per arrivare a KARIAN, piccola ed interessante capitale della Repubblica del Monte, non è di difficile accesso, soltanto la difficoltà è dei permessi. Si dà anche il lusso di accoccolarsi in cima ad una ripida mulattiera che offre tutto il conforto delle più dirupate strade alpestri.
Se l'occhio si distrae dietro le bellezze naturali (campi di ginestre, boschi di ulivi, case di monaci solitari e conventi, punti di vista sulle vallette e sui golfi) può capitare di sdrucciolare e far rotolare dei sassi, di trovarsi per metà fuori del sentiero e sopra un abisso, e di cadere fra le sterpaglie.
La strada dell'inferno è seminata di buone intenzioni, quella di questo paradiso è seminata da grosse pietre e di buche che azzoppano.
Dopo tre giorni di cammino, si è potuto contemplare con soddisfazione il mare azzurro come se fosse dipinto dal Veronese, un bosco verde sotto il sole rutilante, fresco di ombra e di ruscelli che scendono correndo in seno a Teti per fare stretta conoscenza colle sireneide melodiche e coi delfini danzanti. Arrivati al centro della famosa Repubblica, che dispone di ben 288 Km, si nota un formidabile esercito di pochi militi in gonnellino bianco, col farsetto nero, le maniche a sbuffo e il berretto nero. Le comunità del MONTE ATHOS sono amministrate dalla “Santa Comunità” formata da un delegato di ognuno dei venti monasteri esistenti con un potere esecutivo o formato da un quadrumvirato ed un capo eletto dai delegati.-
Se i monaci sono venti, parecchie centinaia sono le casette sparse per i monti e valli ad ospitare i monaci isolati, vi sono anche monaci mendicanti, come chi dicesse dei vagabondi senza fissa dimora, questi e gli abitanti delle skites ( casette ) sono una massa di poverelli incapaci di esercitare una qualsiasi ospitalità. Nei conventi, invece, si vive bene, in mezzo ad ogni ben di Dio!
Visto il sesso che mi contraddistingue, il cammino ad un certo punto si è arrenato, limitando le notizie e le curiosità. Tuttavia, vista l'insaziabilità del sapere mi sono servita di documentazioni cartacee trovate sul luogo, interviste non facili ad ottenersi e curiosità colorite.
Chi vive a Roma sa, ora è un po' in disuso, la discesa dei panieri (in alcuni quartieri antichi) con una lunga corda, dai piani alti, serviva per le persone anziane per provvedere ai loro bisogni senza uscire di casa.
Sul MONTE S. GREGORIO che si trova a picco sul mare, si servono di un sistema analogo di ascensore per uscire e per entrare nel convento, per fare acquisti e per provvedersi di altri utili cose. Un monaco entra in un cesto attaccato ad una solida corda e con un sistema di punteggio è mandato giù al mare, oppure una volta giù, viene ritirato da una barca e di nuovo issato su, fino al convento. E' un viaggio che non esclude i pericoli. Per il sesso maschile, ci si viene calati giù con un bel po' di oscillazioni dentro un cesto che batte contro le pareti della rupe; mentre sotto il mare le barchette appaiono infinitamente piccole, con la paura di vertigini e rovesciamenti del cesto.
I monaci sono per lo più di età molto avanzata, di aspetto venerabile, con capelli lunghi raccolti sulla nuca e legati da un nastro; in testa hanno una cuffia, dalla quale un manto nero scende a coprire le spalle.
Sul Monte Santo tutto verde di piante di mille gradazioni, mentre la vetta brilla indiamantata di neve. Al vespro e alla processione i monaci sono chiamati dal suono delle campane e da quello della simandra, che è una lunga asta di legno duro e sonoro, dà note il cui ritmo è come di tamburo reggimentale. Gli anziani monaci poveri, elemosinieri, prendono il pasto presso i ricchi conventi, o esercitano duri mestieri (portare legna o derrate) per guadagnarsi un po' di pane duro; altri assorti nella contemplazione del mare, mentre un altro gruppo prosternati su fredde pietre in lunghe preghiere. L'intera umanità di questi monaci, chiusi da secoli in un piccolo mondo tutto loro, sembrano abbandonati da Dio, all'occhio comune. Tutto questo non ci deve far pensare che le loro vite siano triste ed inutili, ma farci meditare quale messaggio spirituale deve giungere a noi attraverso la loro vita, per arrivare a tutta l'umanità. Solo dominando i nostri desideri, i nostri pensieri ed i nostri atti, si arriva all'armonia interiore per riparare gli errori ed aprire la grande porta che conduce alla felicità, per procedere in fretta verso un mondo futuro, quello dell'amore nascente.

Enrica Malatesta

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